Parole di Gilberto Centi, composizione grafica di Mavi Gianni:

 

 

Rodolfo De Matteis ci invia questa poesia di Gilberto con questa nota:
Natale 1970, mi arriva per posta un biglietto d'auguri scritto dalla tua inconfondibile macchina su carta da macellaio:

 

UNA PARATA DI TESCHI

AFFANNATI AD AMARSI

ANSANTI

PER CREDERSI VIVI

[Gilberto Centi]

 

...dall'archivio privato di rodolfo de matteis

 

 

STORIA IN PUNTI DI FUGA O SCHEGGE DI STORIA E DI FURIA

(tratto da "TempOrali" n°6 gennaio 1991 edizioni Mongolfiera)

 

distese azzurre di cielo volarono rasoterra allo spavento - con inverni in ogni angolo - mentre qualcuno tratteneva nel pugno il vento e isole d'immaginazione e freddo.
al finire dell'allarme i sistemi tecnologici sollevarono l'azzurro spalancando la notte e qualcuno mise su il caffè trascinando i piedi.
terrorizzanti dagli ospedali dei malati immaginari con treni puntuali che partivano da stazioni vuote. Prima delle cinque del mattino gli allestitori presero a lucidare il cielo - spolverarono l'orizzonte e accesero il sole.
la gente era brava a camminare per strada seppure salutasse di rado - ciascuno diretto ad un punto diverso coi vecchi senza storia se non per collettiva memoria.
da tutte le radio la stessa canzone, si sparse un profumo struggente di pane appena sfornato con gli incantatori di serpenti sotto il sole riparato e la luce lavata dell'aria.
nel pomeriggio vento modulato. su letti l'amore, più tardi campane e il crepuscolo preceduto da uccelli nel piano segreto di qualche pensiero


quando i volontari pulirono dal sangue i teleschermi e i previdenti vi posero sotto catini
quando dalle finestre si vide l'abbassarsi delle nuvole in cumuli di fumo
quando lui la costrinse spingendola contro il muro
quando pervenne una canzone - una canzone da spezzare il cuore
quando lei braccata sbarrò gli occhi passandosi la lingua tra le labbra
quando sui tram la gente parlava di fuoco e rovina ad alta voce e nessuna sosta venne rispettata e diventò superflua anche la sincerità del pane
quando le acque si divisero e si dormiva di giorno per vedere di notte il replay degli scoppi
quando una Decisione ci rese prigionieri
quando s'alzarono le voci e tutti volevano farla finita e quella che non moriva
quando allagarono il mare infuocando il deserto con l'arma nel cassetto
quando i vecchi dissero e gli squilli dei telefono coprirono
quando lei sedette lui uscì sbattendo la porta riaprendola sbattendola ancora e i vetri si ruppero e la casa tremò mancò la luce e si spense il fuoco
e i vetri si ruppero e la casa tremò mancò la luce e si spense il fuoco quando le colline vennero piallate e aggiornata la topografia
quando tornarono gli abissi per i ponti interrotti - i ponti distrutti
quando la vecchia dalle labbra sottili abbassò la testa pose una domanda corse nell'altra stanza
quando le macchine per scrivere vennero oleate
quando i bambini videro il condottiero indicare agli eserciti il lato opposto dove sarebbe sorto il sole
quando il dolore ci divise - il dolore che separa il dolore che seduce
quando il nuovo Re del Mondo ordinò agli eserciti l'inizio dell'approdo dalla parte della sponda e qualcuno si baciò su di una panchina di provincia e il calciatore cadde al suolo
quando contenuti dalla polizia i ragazzi salutarono il rock mentre si smarriva
quando il 'poeta assoluto' transitò davanti a un'osteria con pensieri morbidi guardandosi attorno avventandosi all'interno del Rifugio
quando si sparse voce che i ciechi vedessero e arrivarono gli incantatori di serpenti pulite le strade - i pavimenti - incollato ogni frammento di vetro e il Condottiero guardò dalla parete dove non sorge il sole e sui tram indistinguibile brusio poi un silenzio tranquillo tipo addio
quando s'accesero le luci nelle chiese chiuse
quando quella inarcò la schiena tese il braccio e tra le dita la pezza pendula color-di-seta perché si giuocasse tutti a ruba-bandiera


mentre le case erano fortezze cancelli video-citofoni portieri e porte blindate con serrature tecnicolor panavision mentre sètte dirigevano progetti assaltavano il futuro preparavano la bonifica del bisogno e dell'immaginazione mentre sta più male quasi per morire l'amico tossico sieropositivo senza dio
mentre il ragazzo ha deciso l'ora il modo la bottiglia col messaggio per mandarci tutti all'altro mondo o per tenerci in questo
mentre ciascuno chiudeva ogni spiraglio contro il maglio
mentre si mangiava parlava beveva sposava e l'unica Tempesta diventava chi ci moriva in casa
mentre l'Idea stentava a venire e c'era chi la spingeva a forza di badile
mentre le donne andavano per strada con la messa-in-piega computerizzata
mentre dal cortile il solito canto d'uccelli come giorno festivo - prima vera vicina - inverno più forte - le sei del mattino - i poeti nel sonno e una pioggia banale che comincia improvvisa
mentre milioni di mani alle prese con giarrettiere jeans pistole mucchi di fogli capelli cappelli assegni e coltelli
mentre una donna mi cadeva dal cuore e un'altra s'alzava
mentre sting cantava


quando venimmo circondati dalle ombre della nostra vita che non bastarono a nasconderci a giustificare il non sapere esattamente che fare
quando la nostra voce riusciva a valicare a stento l'attenzione dei compagni-di-strada e in quello 'stento' l'ora del delitto era cominciata
quando fummo coinvolti nella vergogna e mia madre pregava il buon-dio e s'aspettava la bassa marea
quando cominciò a nevicare - alle sette di sera gelava e tutti a correre a casa
quando si vendevano mattoni del Muro polvere di Luna e notizie dal Fronte
quando al di là del mare - dall'altra parte della Terra oltre gli ammassi di banchi d'aria - sconosciuta memoria - diversi vini usi mercati musiche strade - lui alzò le mani dicendo 'm'arrendo' come facevo io quand'ero bambino
quando avvenne ci fosse qualcosa più triste delle nebbie - delle parole d'addio - della nostalgia di un ricordo d'infanzia
quando l'ora arrivò e s'udì il tonfo di un 'topolino' caduto per sonno di mano a un bambino
quando i vecchi ricordarono e le nostre voci cancellarono
quando si mise a ferro-e-a-fuoco il rifugio dello zingaro dell'africano e in cinquecentomila dicemmo 'io non sono stato'
quando fu come 'ombre rosse' - pellerossa - neri - portoricani o italiani
quando allah e gesù cristo perdettero il confronto col nuovo Re del Mondo
quando l'isteria prese la gente e si cambiò l'aria ai rifugi antiatomici e idee come bunker e comodi pensieri su territori minati e le menti ondulanti i portaerei con trattini di confusione come siluri in ogni direzione quando la spazzatura da buttare i piatti da lavare il lavoro da finire la sigaretta da bruciare la bicicletta da riparare
quando l'assegno - la carica alla sveglia - qualcuno da non tradire - un segreto da conservare - un dono riparatore - dalla radio improvvisa ancora la stessa canzone e i fazzoletti di carta lo shampoo alle erbe - lettere da spedire e parole come ferite
quando si sentiva domandare 'di-che-segno-sei' - la macrobiotica alla moda - la lettera dall'india di un amico in galera - una lite furibonda - i ragazzi con la brillantina e i casuals e i signorini vestiti da morti già con fantasmi di fiori e candele e i poveri - i poveri male-in-arnese
quando il Condottiero indicò la vittoria e il gesto fu così vago che convinse la folla


e ancora distese di cielo quando nel tardo pomeriggio era uscito dall'ingenuo rifugio della boscaglia il militare 'alla macchia' - di leva.
trovò tutto normale. Zaino leggero - lui un po' dimagrito - passo incerto - trionfo di dentro e la città giù in fondo con agguati di armi - campanili come missili e intrighi di antenne e di croci - tremula per via di riflessi d'umida luce. il mondo riposava in discesa ed era più facile adesso tornarci.
il posto-di-blocco per caso stava giusto all'ultima curva che precedeva l'asfalto.
vide e pensò che dunque era stato tutto un inganno.
corse ma un poliziotto biondastro più lesto degli altri sparò. lui cadde. quello ancora sparò.
il ragazzo capì e non capì come forse succede quando si muore - disteso per terra - tra guerra e non guerra.

 

 

Lavori In Corso : DIARIO DELL'EROE

(tratto da "TempOrali" n°10 gennaio 1992 edizioni Synergon srl)

 

. uno .

al centro della stanza - accerchiato - preferì ancora la veglia.
dinanzi il clamore dell'oceano.
a destra il ragno.
a sinistra il muro livido di buio.
e alle spalle colpi di pistola.


. dunque non c'era rimedio.
clima temperato allo zenit della camera. nessun sintomo d'appetito o voglia di fumare.
odor di salsedine lo prese. pezzi d'assi fradice andavano e venivano - quando vinte dalla riva - quando riprese dall'acqua verde lucida pesante.
il mare cominciava a otto mattonelle di distanza e confinava con foschia e orizzonte (l'eterno ripetersi del fronte ondoso col suo rumore leggendario e mai un sintomo di vento).
dal ragno veniva come un vapore sulla geometria vitrea della ragnatela.
capelli lunghi - occhi verdi - stava seduto ad una sedia sull'isola di falsa porcellana dove attorno era crepuscolo e non cambiava mai.
appena dieci giorni prima quella stanza aveva tutte le infinitesime caratteristiche riduttive che la incatenavano al suo destino di stanza. per sempre.


PRIMA /Quart'Ultimo Giorno/

. I .

domenica. luglio. gli veniva da piangere. sole di poco conto fuori e il silenzio sospetto che preallarma la sera. i poeti giacevano chissà dove nella memoria. i vivi si davano per vivi intensificando gesti. baccano.
proveniva un fruscio di pretesti da ogni dove. non si era al sicuro e di sicuro c'era la presenza tattile della stanza piena di testimonianze abitative.
alle diciotto&quaranta pensò che il suo destino presente era confinato a centocinquanta chilometri dal mitico mare. una sigaretta finiva. e ricominciava. con la vita disseminata di colpi di pistola.
la stanza era un reliquiaria d'apparenza. colorata e semifredda. con musica continua.
di fronte uno specchi gli rifletteva la faccia. particolare. bella qualche volta. brutta in generale.
la musica copriva il rumore di fondo della vita : bastavano le notizie del giornale-radio la mattina.
il Giorno della rivoluzione arretrava ad ogni ora : negli occhi degli amici - nella dirompente cerneficina della Giustizia.
Rivoluzione era la vecchia più vecchia del mondo che per trentamila anni aveva percorso tutte le possibili strade e su zattere i mari.


(quando veniva Tristezza - d'estate o nell'ombra umida invernale. quando la stanza era il carcere. la cancrena. e tu a dibatterti. a non voler capitolare nel rendiconto tratteggiato dell'ultima luce. dell'ultima. quando sedevi alla scrivania. attorno colori di frutta e musica triste per sorreggere quel lusso miserabile - quell'umiliante necessità d'evadere, e nessuna uscita tranne quella che dava sulla via. la strada - con la sua vitalità al tramonto - quand'è sera e il mondo va a casa. a consegnarsi - in galera. e ti raggiungeva).


il ragno attraversò in diagonale l'ingegneria della seta. si fermò sul lato più basso con quell'aria paziente caratteristica di una progenie di intelligenti costruttori di destini. di trame.
poteva vedergli il ventre con segni di patimenti - di vecchiaia.
forse la tela celava un codice intraducibile. o bastava sfondarla. Scaraventarvi la sedia. strapparla. farvi un varco squarciando la dimensione perfetta della custodia con la passione imprecisa della fuga.
un gesto e il ragno sarebbe fuggito : bastava vincere la soggezione che incuteva.
la ragnatela - larga una parete per cinque metri dal suolo - poi diventava spettro in fuga verso l'alto dove stava scolorita un'idea di cielo. leggermente vischiosa brillava e ogni filo era un filo malgrado la struttura suggerisse una specie di travaglio matematico o un'intenzione labirintica con quell'incredibile ragno a vegliarla.
/spesso quando il mare era appena un po' mosso la percorreva e ripercorreva come a controllarne lo stato con tutti i suoi occhi : minuscoli pallini di piombo - ma vivi - con dentro un particolare sistema d'allarme/


s'era svegliato un mercoledì di quasi estate proveniente da quattro notti insonni (quel suo vegliare su grandi distese di sonno attorno - in allerta come per dovere di caserma) ma il dormire del mondo l'aveva preso seduto alla sua sedia dove lo trovò il risveglio e un improbabile universo che attendeva.
guardò e si disse - anzi pensò - che di sicuro stava tutto dentro al sogno e spinse nei magazzini del buio la visione chiara che lo circondava. schizzi d'acqua lo colsero sul viso. poi il freddo. poi che non fosse niente vero. ma tirò i piedi dalla melma arroccandosi alla sedia.



PRIMA /Quart'Ultimo Giorno/

. II .

/conduceva una vita povera e disarticolata. per consuetudine di notte vegliava e perché era quella la zona dove combinare l'intrigo tra Sogno e Pratica nel mondo/

scrivere era trasgredire. risalire dal giù del mare. ("il mare. una cose che bisognerà affrontare").
da qualche parte - e sapeva dove - c'erano conflitti in corso e periodiche catastrofi e il borghese - puntualissimo susseguirsi del buio e della luce. delle stagioni. degli amici.
malgrado tutto la stanza lo proteggeva dai lampi - dai pesanti scatti della ripetizione.
la sera lo colse che correggeva la parola "...SOLE".


c'è una luce di marmo - guardandosi alle spalle.
gli spari con tempi improvvisi spezzavano i loro respiri : il suo e quello del mare.
c'era un cubo di luce concreto o blocco di ghiaccio ad ogni visibile lato piallato.
da dentro veniva l'idea vi fosse un qualche brulicare di vita. la presenza lontana e vicina di molti impegnati a sparargli.
pallottole rade affogavano nell'acqua. sbagliando.
mai che sentisse ricaricare le armi. Né voci o rumori. inutilmente aveva cercato di leggere nell'aritmia strabica dei colpi la logica intricata che li guidava.
certe volte il susseguirsi degli spari disegnava la strategia dell'attacco che si concludeva dopo innumerevoli ore. altre era un breve sibilare di proiettili - poi il silenzio - e poteva accadere che per giorni venisse lasciato nell'ansia dell'assalto che arrivava con suono di staffile quando l'attenzione gli cedeva. liberarsi consisteva nel penetrare dentro quella luce perché si vuol capire.
poi gli venne in mente che forse quelli erano ciechi. che tiravano da buio a buio ignorando la posizione del bersaglio. che infine nessuno sapeva quando e quale pallottola gli avrebbe fermato la vita.


PRIMA /Fino al Quart'Ultimo Gionro/ Il Diario

. A .

aprile.
pomeriggio :

. ci sono quelli che quando cadono si guardano attorno per vedere se qualcuno sen'è accorto - allora fanno finta di raccogliere fiori di campo - sull'asfalto.

martedì :

. novembre. Le sedici&trenta : viene destra e sinistra la sera.

lunedì :

. sono contro le loro Certezze - cioè contro e addosso la loro stessa morte.

(...) :

. non vi si dovrebbe strappare il cuore/ma il tarlo che lo fa feroce.

(...) :

. ci sono sogni vuoti e uomini colmi che li riempiono.

forse maggio :

. altre mosche girano e una nuova generazione di piccoli ragni - vecchi e presumibilmente stanchi - cova grandi sogni dietro la muraglia dei miei libri.
di tanto in tanto - morti - li rimuovo o uccido sapendoli impediti dall'artrite.

febbraio. ultima decade :

. sono a disagio perché il mio essere un Irregolare non ha più via di scampo nella giovinezza - di per se stessa riparo o giustificazione alla Trasgressione.
ma Trasgredire/a questo punto/non è altro che Fluire.

appunto per b.o. ;
. guardiamo fiumi di quando in quando - ma andar per mare presume il rischio nel Naufragio. un altro mare - quello che avremmo dovuto attraversare - bagna i nostri anni.


c'era un'ombra là sul taglio del cielo e del mare e dunque orizzonte. ombra - ma con dimensioni e spessori che piano avanzava. più lenta del lento.

là in fondo beccheggiava una nave. invero un veliero coi teli gonfiati - arrivò molto tardi. cattedrale di lenzuola e di pali. /nelle stive pirati-con-l'occhio-bendato-gambe-di-legno-e-uncino-di-ferro-tracannavano-rum/

sbatté gli occhi e si costrinse a guardare freddamente l'evento : la piana cresposa dell'acqua era vuota. l'intero veliero dentro al cervello. ma a sinistra il buio pareva gonfiarsi. Bitume o traforo dal quale straripi la notte.
raccoglieva in un solo i colori con arcobaleni minuscoli e tristi che finivano nei vicini confini dell'acqua quando era già nebbia o torpore.
pensò - però di sfuggita - che quello era il buio dove il Colore moriva.
poi venne catturato dal Pensiero del Proprio Stato. l'Esatta coscienza di quanto accadeva : la realtà tattile di quegli spari dentro una stanza in affitto con lui seduto sopra una sedia di paglia. a un passo dall'oceano - fatto segno di battaglia.

(...)

 

 

PROVE TECNICHE DI TRASMISSIONE

(tratto dall' antologia "Voci di poesia" edizioni Pendragon novembre 1997)

 

grandi catafalchi hanno l'orizzonte. Videoschermi giganteschi in cima alle torrette. Di notte montano le brande famiglie coi lumi che il vento spegne tra l'ira dei parenti / coi bambini semiciechi. Sopra gravita un cielo ospedaliero / bianco latte andato a male. Funestato dalle crepe.

(sui videoschermi trasmettono mio padre. una gamba sola.
chiede soldi. non mi conosce. piange.
credo sia lo stesso / con due gambe / che precipitò
mia madre per le scale spingendomi via dalla sua vita.
correndo nei cunicoli degli anni)

ogni tanto il suolo trema per l' inadeguatezza delle strutture naturali sottostanti. allora cadono capanne / vecchie foto e pentole dal fuoco. lontano dalle reti protettive si muovono folle sterminate senza lingua e senza suono. nella Pianura Estrema vivere è questo brulicare delle genti. il vacillare ad ogni arrivo di popoli da tutti i continenti. spinti in questo Luogo da insondabili ragioni sembrano ignorare il motivo del Trasloco.

(io si che sono andato per i mari occidentali.
puoi capirlo da come parlo / quando parlo.
ed ho naufragato nel deserto / perciò vivo come vivo
e ti guardo in questo modo quando mi parli dell'Olanda o di Berlino.
vedi come annuisco alle tue certezze cieche
appoggiato come sono contro un muro che crollerà tra un anno.
che crollerà tra poco.
dici d'amarmi così amo il tuo mentire.
per odiarmi prendi tutto il tempo che ti è dato
avrò altro da fare / tipo resistere. morire. darti atto.
io sì che ho ciondolato per le Americhe
che ho conosciuto il Quinto Continente
: così ti percepisci che alla fine vinci sempre.
e visto che ci siamo e se ci tieni
fammi sapere che valore dai alle tue parole.
entrambi fingeremo d'ignorare che è dei due
che s'è ferito per quattro vetri di bicchiere)

qui non risultano pulsioni / attrazioni / puri o cupi amori. il desiderio si distende nella presenza senza appartenenza. polverizzate convivono le razze nella Pianura immensa dove l'enormità di umani qui ammassati produce umido clima temperato / per l'indicibile quantità di fiato. il resto - tutto il resto - è secondario.

(proiettili di luce nella mente e tu
che mi torturi il sonno camminandomi di sopra.
seguo i passi metodici sul pavimento dove vivi
/ dunque questo soffitto che altri dice cielo /.
invecchierai rallentando il passo. invecchierai tossendo
cigolando - senza scampo. allora perderemo
il firmamento artificiale per inabissarci dentro al Male)

il ronzio di miliardi di dormienti ristagna a mezz'aria sulla Piana. nei videoshermi c'è silvia - la Detenuta - che muove la bocca senza voce. la tengono su con un lungo chiodo conficcato nella fronte. le labbra battono l'una contro l'altra con uno schianto continuato di porte di metallo.

(non contare le battaglie pensando alle rovine.
so che sei solo e mi dispiace / però la mutevolezza
dei fronti ti garantisce la guerra necessaria.
trema. non tremare. hai per arma la loro debolezza
che si tradisce in quanto s'asserraglia)

trascinati con cavi di platino e di ferro / da ruote e volontari / arrivano i Depositi - le grandi navi e gli aereoplani. di notte ci si vede ancora per candele. l'orizzonte ingoia nei catafalchi verderame tutti i morti raccolti nei tempi prefissati. e adesso va in onda un vecchio cane che fatica nel suo andare sotto un cielo vero. stelle millenarie. forse domani saremo finalmente dentro al Grande Male. senza la miseria del pudore / opere buone e l'Altro - l'Altro in ogni caso - autore del dolore.

videoschermi spendi. Frammenti di cielo : soffitto-pavimento / cadono galleggiando come fa la neve. Luce fioca buona. per morire o per dormire. senza titoli di coda. senza la parola fine.

 

tratto da "Società di Pensieri" numero 5 giugno 1993
Le voci, terribili e angelici, sangue d'artista dedicato a Jean Coctea
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... il mio giorno restringe l'Immaginazione che s'apre quando la notte alza le sue vele: l'universo ha un senso - visibile dal cielo - e ogni traccia si perde dentro il Nero. tu non hai finalmente più parole né pretese e il buio pialla la tua casa assieme alla Torre del Nemico. il pensiero veleggia sopra il mondo senza più contorno: trema magari - forse avanza. mi conforta saperti insieme agli altri - moribondo nel tuo sonno - in un'Altra Stanza....

ulteriori informazioni e reperibiltà del volume all'indirizzo info@teatridivita.it.